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Importanti novità per la formazione

Le novità per la formazione degli addetti antincendio

Il Decreto Ministeriale del 2 settembre 2021 introduce importanti novità per la formazione degli addetti al servizio antincendio.
Dal 4 ottobre 2022 cambiano innanzitutto le denominazioni dei corsi, che abbandonano la classica suddivisione in categorie di rischio in favore di una suddivisione in Livelli:

  • Livello 1 (ex Rischio basso)
  • Livello 2 (ex Rischio medio)
  • Livello 3 (ex Rischio alto)

Novità formazione antincendio: soggetti formatori
I soggetti formatori ammessi dal Decreto Ministeriale del 2 settembre 2021 per l’erogazione dei corsi destinati agli addetti al servizio antincendio sono:

  • Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco
  • Soggetti pubblici e privati
  • Datore di lavoro o altro lavoratore in possesso dei requisiti previsti per svolgere l’attività di formatore

Novità formazione antincendio: metodologie didattiche
Per quanto riguarda le metodologie didattiche, il Decreto introduce la possibilità della formazione in videoconferenza sincrona per le parti teoriche (che si aggiunge quindi alla tradizionale formazione d’aula).

Per le parti pratiche, invece, è ammessa esclusivamente la formazione in presenza e le esercitazioni pratiche diventano obbligatorie anche per il livello 1 (ex rischio basso), in quanto è stato eliminata la possibilità di ricorrere ad ausili multimediali da usare in aula.

Novità formazione antincendio: durata e periodicità
Vediamo quindi di seguito la durata dei corsi per addetti antincendio:

FORMAZIONE ADDETTI ANTINCENDIO AZIENDE LIVELLO 1
Per gli addetti al servizio antincendio delle Aziende di Livello 1, è prevista la partecipazione a:

  • corso di formazione di 4 ore (2 ore di modulo teorico e 2 ore di modulo pratico)
  • corso di aggiornamento quinquennale di 2 ore (formazione pratica)

FORMAZIONE ADDETTI ANTINCENDIO AZIENDE LIVELLO 2
Per gli addetti al servizio antincendio delle Aziende di Livello 2, è prevista la partecipazione a:

  • corso di formazione di 8 ore (5 ore di modulo teorico e 3 ore di modulo pratico)
  • corso di aggiornamento quinquennale di 5 ore (2 ore di modulo teorico e 3 ore di modulo pratico)

FORMAZIONE ADDETTI ANTINCENDIO AZIENDE LIVELLO 3
Per gli addetti al servizio antincendio delle Aziende di Livello 3, è prevista la partecipazione a:

  • corso di formazione di 16 ore (12 ore di modulo teorico e 4 ore di modulo pratico)
  • corso di aggiornamento quinquennale di 8 ore (5 ore di modulo teorico e 3 ore di modulo pratico)

Novità formazione antincendio: cosa succede ai corsi svolti con le vecchie modalità?
Il Decreto precisa che i corsi di formazione per addetti antincendio già programmati con i contenuti dell’allegato IX del D.M. 10 marzo 1998 sono considerati validi se svolti entro sei mesi dall’entrata in vigore del D.M. 2 settembre 2021, ovvero entro il 4 aprile 2022. Pertanto, fino a tale data, i corsi organizzati secondo le vecchie modalità saranno ritenuti validi. Inoltre, per quanto riguarda l’aggiornamento, gli addetti antincendio formati ai sensi del D.M. 10/3/98 dovranno aggiornarsi entro 5 anni dallo svolgimento del corso di formazione. Tuttavia, se alla data di entrata in vigore del nuovo decreto il corso di formazione o di aggiornamento per addetti antincendio (svolti ai sensi del D.M. 10/9/98) è stato svolto da più di 5 anni, gli addetti antincendio dovranno svolgere il corso di aggiornamento entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo decreto.

Preposto: formazione e addestramento ai sensi del DL 146

La figura del preposto assume con il DL 146/21 non tanto responsabilità del tutto nuove, bensì tratti più chiari che evitano a tutte le parti interessate di equivocare su cosa significhi essere preposto.

L’individuazione del preposto
Molto e giusto si è scritto sul termine: individuazione. Molti di noi avrebbero preferito che si parlasse più nettamente di nomina. Resta comunque il fatto che il datore di lavoro, individuando i preposti tramite un atto tracciabile, non può poi affermare che gli stessi individuati non sarebbero preposti, o peggio sostenere che persone non individuate sarebbero da lui ritenute preposti, e dunque come tali andrebbero considerate anche dagli organismi di vigilanza.

Se concentriamo l’attenzione sui compiti che il preposto ha, per legge, in aggiunta a quelli dei lavoratori (che non sono affatto esenti da responsabilità in merito alla propria e altrui salute e sicurezza) direi che possiamo semplificare in quanto segue:

  • Comandare i propri sottoposti ordinando anche tutte le misure di prevenzione dei rischi residui.
  • Vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori delle prescrizioni di salute e sicurezza vigenti (per legge o per regola aziendale e, infine, anche per elementare buon senso).

Chiaramente il primo punto si auto sostiene: se io, in virtù della mia autorità o, anche, della mia autorevolezza ordino a un lavoratore di fare qualcosa sono responsabile delle conseguenze che ciò che ordino può causare in materia di salute e sicurezza (e di tanti altri aspetti: buona esecuzione del lavoro, qualità, conservazione dei beni, impatto ambientale ecc.). pertanto viene facile concludere che il recente intervento legislativo abbia, come principale obiettivo, le attività di vigilanza sulle persone e la comunicazione di eventuali problemi di sicurezza di cui il preposto venga a conoscenza.

Per questa ragione ritengo inevitabile che la individuazione dei preposti sia resa nota a tutta la organizzazione che sarà sottoposta alla loro vigilanza, altrimenti si corre incontro all’ennesima disfunzionalità organizzativa. Per questo la distinzione di termini di cui parlavo sopra è giusta ma non cambia la sostanza. Tanto più che vorrei avere conferma (scritta) che l’individuato è, lui per primo, cosciente del ruolo attribuitogli.

Essere preposto: cosa dovrebbe essere
Uno dei punti che mi lasciano gravemente perplesso sul tema dell’efficacia di questo sistema a responsabilità distribuite è la reale capacità dei preposti di svolgere al meglio il proprio ruolo. Prima di parlare della “formazione al ruolo” vorrei accennare all’importanza che i preposti (alla vigilanza) siano correttamente inseriti della organizzazione; cito alcuni aspetti su cui, a mio avviso, è bene ragionare in modo preventivo al momento della individuazione:

  • Devono avere un sufficiente commitment da parte della organizzazione.
  • Devono avere il tempo materiale per svolgere adeguatamente il loro compito: se un preposto, poniamo, si occupa prevalentemente di programmazione della produzione e delle risorse, passando gran parte della sua giornata lavorativa all’interno di un ufficio, come costui potrebbe vigilare? L’organizzazione del lavoro deve essere tale da portare il preposto dove la sua vigilanza è necessaria.
  • Devono avere le competenze tecniche e di ciclo produttivo per poter vigilare nonché devono conoscere perfettamente le regole di salute e sicurezza vigenti.
  • Non devono avere timori a richiamare i colleghi quando ciò si rende necessario, non solo per autorità attribuita ma anche per propria autorevolezza.
  • Devono avere capacità analitiche decisionali per trovare soluzioni sicure a situazioni impreviste ma relativamente semplici.
  • Devono avere a disposizione chiari canali / flussi comunicativi da innescare quando la situazione supera le loro effettive capacità di comprensione e scelta e avere anche le capacità comunicative minime indispensabili.

È evidente che un fallimento di vigilanza dovuto ad una carenza di conoscenze o di capacità da parte del preposto riporta la responsabilità a chi lo ha identificato.

Essere preposto: come aiutarlo ad essere
I nostri modelli formativi su salute e sicurezza sul lavoro non vanno oltre:

  • Informazione (spesso ottima) sui rischi
  • Formazione teorica sui compiti che si cala nel concreto solo sul tema dei timori dei discenti per le responsabilità
  • Addestramento in campo, assolutamente fondamentale e utile, ma concentrato sul saper fare attività abituali

Nessuno è in grado di insegnare il “decision making”; oppure ci prova ma non ci riesce perché si rivolge all’uditorio con esempi “di scuola” e non “di fabbrica”.

Quindi possiamo affermare quanto segue:

  • I corsi preconfezionati (/sempre uguali senza riguardo alle differenze di mestiere e di azienda) sul tema delle capacità sono inutili (non le possono cambiare)
  • Chi parla con dei lavoratori si deve porre come chi condivide con loro delle esperienze concrete adottando anche le corrette terminologie di settore ed evitando qualunque accenno di presunta superiorità; ma questi non sono bambini, è gente che tutti i giorni lavora duramente, le favole non funzionano e può essere che i loro modelli culturali di riferimento fuori dalla fabbrica siano molto diversi gli uni dagli altri
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